TESTO
INTEGRALE DELLA SENTENZA
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
Il Consiglio
di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede
giurisdizionale ha pronunciato la seguente
D E C I S I
O N E
sul ricorso
in appello n. 598 del 2006, proposto da
ENTE
AUTONOMO PORTUALE DI MESSINA (E.A.P.M.),
in persona
del Commissario straordinario in carica, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Antonino Rizzo e Domenico Arizzi, con
domicilio eletto in Palermo, via F. Cordova n. 76, presso la
Segreteria del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la
Regione Siciliana;
c o n t r o
l’AUTORITÀ
PORTUALE DI MESSINA, la PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA,
l’ASSESSORATO INDUSTRIA e l’ASSESSORATO AMBIENTE DELLA
REGIONE SICILIANA e il MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI
TRASPORTI, ciascuno in persona del legale rappresentante in
carica, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura
distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici
sono per legge domiciliati, in via Alcide De Gasperi n. 81;
e nei
confronti di
CURATELA DEL
FALLIMENTO S.M.E.B. – CANTIERI NAVALI s.p.a., in persona del
curatore fallimentare in carica, non costituita in giudizio;
per la
riforma
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sicilia, sezione III della sezione staccata di Catania , n.
169/2006 del 6 febbraio 2006;
Visto il
ricorso in appello di cui in epigrafe;
Visto l'atto
di costituzione in giudizio dell’Autorità portuale di
Messina, della Presidenza della regione siciliana,
dell’Assessorato industria e dell’Assessorato ambiente della
regione siciliana e del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti;
Viste le
memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli
atti tutti della causa;
Relatore
alla pubblica udienza del 26 novembre 2009, il Consigliere
Chiarenza Millemaggi Cogliani; udito, altresì, l’avv. D.
Arizzi per l’ente appellante;
Ritenuto e
considerato in fatto e in diritto quanto segue.
F A T T O
1. Con
sentenza n. 169 del 2006 , la II sezione
interna della Sezione staccata di Catania del T.A.R. Sicilia
ha respinto il ricorso proposto, in primo grado, dall'Ente
autonomo portuale di Messina, per l’annullamento delle
ordinanze n. 3 e 4 del 20 gennaio 1999, con le quali
l'Autorità portuale di Messina ha ingiunto lo sgombero delle
aree destinate, rispettivamente, a stazione di degassifica
(mq. 28.900) ed a bacino di carenaggio (mq. 29.9877).
Il giudice
di primo grado, ritenuta abusiva l’occupazione delle aree da
parte dell’Ente, ininfluente l’autorizzazione alla
anticipata occupazione, illegittima la cessione alla
S.M.E.B. di aree ed opere demaniali e competente l’autorità
portuale ad esercitare i poteri relativi al demanio
marittimo in forza dell’affidamento ad essa di aree e
banchine nonché della vigilanza sull’attività svolta
nell’area portuale, ha respinto il ricorso ritenendo
infondate le censure di incompetenza, eccesso di potere e
violazione di legge dedotte sotto vari profili dall’Ente, il
quale, ora, grava in questa sede la citata sentenza
denunciandone l’erroneità sotto molteplici profili.
Parte
appellante muove con il chiarire la natura giuridica delle
aree demaniali costituenti nel loro complesso la zona
denominata “porto di Messina”, precisandone la condizione,
la titolarità, la distinzione in termini di gestione,
attribuzioni e competenza, a partire dalla istituzione, con
legge statale, nel 1951, del “punto franco” e del suo
affidamento ad apposito Ente, istituito poi, dalla Regione
siciliana, sulla base della medesima legge n. 191 del 1951,
nella persona dell’attuale appellante, dotata di personalità
giuridica di diritto pubblico cui appunto, è stata affidata
l’amministrazione e la gestione del punto franco, mai
dismessa.
Attraverso
la minuziosa ricostruzione, poi, di vicende relative alla
acquisizione di aree anche esterne alla c.d. zona franca ed
al legittimo espletamento tramite terzi di attività di
natura industriale, che avrebbe beneficiato di finanziamento
pubblico, parte appellante ricostruisce anche potestà e
limiti dell’Autorità portuale in relazione alle aree del
demanio marittimo contestando che nell’ambito dei poteri
conferiti a tale autorità rientrino anche le aree demaniali
delle quali è stato disposto lo sgombero.
Ponendo
dunque in discussione punto per punto l’impianto
motivazionale della sentenza impugnata, l’appellante ne
ribadisce l’erro-neità, e ripropone le censure di
incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere
dedotte in primo grado.
Costituitesi
con unico atto l’Autorità portuale e le amministrazioni
regionale e statale indicate in premessa, per resistere
all’appello, questo Consiglio, chiamata una prima volta la
causa in decisione alla pubblica udienza del 10 gennaio
2008, ha disposto, con ordinanza 289/2008, l’acquisizione -
per il tramite della Presidenza della Regione Siciliana - di
documentati chiarimenti sul perimetro delle aree comprese
nella delimitazione di cui all'art. 1 della legge 15 marzo
1951, n. 191 e costituite in punto franco; nonché sul
perimetro della circoscrizione territoriale dell’Autorità
portuale definito dai decreti del Ministro dei trasporti e
della navigazione, ai sensi del comma 7 dell’art. 6 della
legge 28 gennaio 1994, n. 84, con il corredo di una
schematica rappresentazione grafica idonea ad individuare
con diversa colorazione i rispettivi perimetri, anche se in
tutto od in parte sovrapposti.
Acquisiti i
chiarimenti richiesti, la causa, chiamata nuovamente alla
pubblica udienza del 26 novembre 2009, è stata trattenuta in
decisione.
D I R I T T
O
1. L’appello
è fondato, secondo quanto sarà di seguito precisato.
2. La
controversia investe due ordinanze di sgombero (la n. 3 e la
n. 4 del 29 gennaio 1999) emesse dall’Autorità portuale di
Messina ai danni dell’Ente autonomo portuale di Messina,
concernenti rispettivamente un’area della estensione di mq.
28.900, destinata a stazione di degassifica, ed altra area
della estensione di mq. 29.987, destinata a bacino di
carenaggio.
Si tratta di
aree del demanio marittimo che l’Autorità portuale di
Messina afferma essere abusivamente occupate dall’Ente in
assenza di titolo (l’Ente sarebbe titolare soltanto di atti
di sottomissione nei riguardi della Capitaneria di Porto del
tempo, cui non ha fatto seguito alcuna concessione), per di
più utilizzate per attività industriali da terzi cui l’Ente
avrebbe del tutto illegittimamente concesso le aree
demaniali.
L’Ente,
peraltro, titolare della gestione del punto franco del Porto
di Messina ed anzi a tale fine appositamente istituito,
afferma, invece, che le aree in questione, ancorché esterne
(ma prospicienti) il punto franco non sarebbero state né
concesse illegittimamente a terzi, né abusivamente occupate
(in quanto oggetto dell’atto d’obbligo) e che, nelle more
della decisione sulla concessione, mai intervenuta, gli atti
di sottomissione a suo tempo sottoscritti e la relativa
autorizzazione alla occupazione temporanea non avrebbero
perso efficacia.
Il Giudice
di primo grado ha disatteso del tutto le difese dell’Ente,
muovendo dal presupposto che, con il passaggio di consegne
all’Autorità portuale delle aree di titolarità relative al
Porto di Messina, ogni autorità dell’Ente portuale, anche
per ciò che riguarda il punto franco, sarebbe venuta meno e
che all’Autorità portuale spetterebbero, invece il complesso
di poteri inerenti alla gestione delle aree demaniali, ivi
compresi quelli relativi al punto franco.
3.
L’addebito di erroneità mosso dall’appellante alla sentenza
impugnata, deve essere condiviso, essendo più che evidente,
dalla lettura della motivazione della sentenza gravata, che
la decisione di reiezione consegue al mancato
approfondimento, da parte del giudice di primo grado di una
vicenda tutt’altro che semplice e lineare, in quanto vede
coinvolti interessi pubblici di composita titolarità,
complicata, allo stato degli atti, dalla non ancora del
tutto definita questione delle attribuzioni della Regione
Siciliana in tema di demanio marittimo.
Non aggiunge
chiarezza la compresenza, in giudizio, sotto il patrocinio
della medesima Avvocatura distrettuale, dell’Autorità
portuale che ha adottato l’atto. e delle altre
amministrazioni statali e regionali evocate in giudizio
dall’Ente portuale (con ogni evidenza a garanzia della sua
posizione sostanziale).
L’anomalia e
complessità della questione in esame è resa evidente
dall’imbarazzo con cui il dirigente regionale, delegato
dall’Am-ministrazione regionale siciliana a redigere la
relazione di accompagnamento della documentazione richiesta
da questo Consiglio con l’ordinanza collegiale n. 298/2008,
ha ritenuto di doversi astenere dall’esprimersi sulla
titolarità delle aree demaniali in contestazione, per il
paventato conflitto di interessi, derivante dalla posizione
processuale, nel presente giudizio, dell’Assessorato
regionale dal quale è stato delegato.
Comunque, il
Consiglio non può che prendere atto della proposizione
conclusiva rappresentata nella citata relazione depositata
il 15 maggio 2008, con la quale sono stati, in ogni caso,
forniti gli elementi richiesti con l’incombente istruttorio
sopra specificato.
4.1.
Estranee alla controversie sono le recenti vicende dell’Ente
portuale, così come le annose polemiche sulla sua utilità.
Allo stato,
sulla base degli atti, esso risulta ancora esistente come
soggetto dotato di "personalità
giuridica pubblica"… "posto sotto la vigilanza della
Regione” costituito con
decreto del Presidente della
Regione 10 novembre 1953, n. 270/A per l’attuazione della
legge nazionale 15 marzo 1951 n. 191, che ha istituito un
punto franco nel Porto di Messina comprendente “le
aree della zona falcata della superficie di circa metri
quadrati 144.000 delimitata verso mare dal ciglio delle
banchine del porto e verso terra da una linea che ha per
origine l'angolo nord-est della darsena di levante a metri
20 dal muro di cinta della zona di pertinenza della marina
militare denominata «Difesa militare marittima», segue una
curva di raggio di metri 100 e dello sviluppo di metri
178,35, indi un rettifilo lungo metri 143,20 parallelo e
distante metri 72 dal primo tratto, verso ovest, del muro di
cinta del deposito della C.I.P., poscia una curva di raggio
di metri 321,27 e sviluppo metri 156,36, segue un rettifilo
lungo metri 136 e poi, piegando ad angolo retto verso ovest
per una lunghezza di metri 20 e successivamente ad angolo
retto verso sud, segue un rettifilo lungo metri 423.
Dall'estremo sud di detto rettifilo la linea segue il ciglio
interno della progettata strada larga metri 10 che dalla
litoranea porta alla testata Norimberga, fiancheggiando
l'area della calata sud-ovest dello sporgente Norimberga
destinata alla costruzione dei silos di carbone delle
ferrovie dello Stato”
(art. 1 della legge citata).
L’area ha,
dunque, un perimetro accuratamente delineato nei suoi
confini, e di ciò vi è conferma negli atti istruttori
acquisiti in giudizio.
L'amministrazione e la gestione del punto franco sono state
affidate, per legge (art. 8) “ad
apposito Ente, il quale è tenuto:
a) a
mantenere in buono stato la cinta doganale e ad eseguire
tutte le opere che fossero richieste dall'Amministrazione
finanziaria per il sicuro esercizio della vigilanza;
b) a
fornire gratuitamente i locali necessari per gli uffici
doganali e ferroviari per il personale di vigilanza ed a
provvedere alla ordinaria manutenzione di essi”.
L’art. 10 della legge statale citata
prevedeva che “L'impianto
di stabilimenti industriali nelle aree comprese nella
delimitazione di cui all'art. 1 è subordinata a preventiva
autorizzazione del Ministro per le finanze”.
L’articolo è
stato dichiarato incostituzionale dall’Alta Corte della
Regione Siciliana (al tempo in funzione, nelle more delle
istituzione della Corte Costituzionale), con decisione 11
luglio 1951/31 ottobre 1951 n. 48, su ricorso del Presidente
della Regione, per violazione della competenza esclusiva
della Regione Siciliana nella materia industriale, derivante
dall’art. 14, lett. a), e), p), s), nonché dall’art. 20
dello statuto della Regione siciliana, fatta salva, nella
materia strettamente doganale, la riserva di competenza
statale di cui all’art. 39 del medesimo statuto.
L’Ente di
cui al riportato art. 8 della legge statale è, appunto,
quello istituito con il decreto del Presidente della Regione
siciliana del 1953, attuale appellante nel presente giudizio
e destinatario delle ordinanze di sgombero impugnate.
La legittima
costituzione dell’Ente con provvedimento del Presidente
della Regione Siciliana non risulta essere stata mai messa
in discussione.
Essa si
inquadra nell’ambito delle attribuzioni della Regione
siciliana, come è noto dotata, sin dalla sua istituzione, di
specialissima autonomia in quanto tutelata, sin dal suo
nascere, da copertura costituzionale.
Si inquadra
altresì nella mai disconosciuta pertinenza al demanio
regionale dell’area in questione, sulla base dell’art. 32
dello statuto e del D.P.R. n. 684/1977, indipendentemente
dalla ancora non attuata redazione dei relativi elenchi.
4.2..
Erronea è, dunque l’affermazione, contenuta in sentenza,
secondo cui, con l’istituzione dell’Autorità portuale, nel
porto di Messina, dell’art. 6 della legge 28 gennaio 1994 n.
84, sarebbero venuti meno i poteri dell’ente (e
dell’Amministrazione regionale) sull’area costituente il
“punto franco”, sopra delineata.
In base
all’art. 6 della L. n. 84 del 1994, invero, l’Autorità
portuale è attributaria dei seguenti compiti:
“a)
indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e
controllo delle operazioni portuali di cui all'articolo 16,
comma 1, e delle altre attività commerciali ed industriali
esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di
ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a
rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle
condizioni di igiene del lavoro in attuazione dell'articolo
24
);
b)
manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni
nell'ambito portuale, ivi compresa quella per il
mantenimento dei fondali, previa convenzione con il
Ministero dei lavori pubblici che preveda l'utilizzazione
dei fondi all'uopo disponibili sullo stato di previsione
della medesima amministrazione;
c)
affidamento e controllo delle attività dirette alla
fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi
di interesse generale, non coincidenti né strettamente
connessi alle operazioni portuali di cui all'articolo 16,
comma 1, individuati con decreto del Ministro dei trasporti
e della navigazione, da emanarsi entro trenta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge.”
Essi
ineriscono all’area portuale affidata alle sue cure e non
escludono né assorbono attribuzioni e competenze delle
Regione siciliana (né dell’Ente preposto per legge ed in
virtù di provvedimento regionale all’amministrazione e
gestione delle aree costituenti il “punto franco” del porto
di Messina).
Vero è che
il Decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione
del 1994, nell’affidare, in concreto, all’Autorità portuale
nel porto di Messina le attribuzioni derivanti dalla
istituzione di cui alla citata legge n. 84 del 1994 non è
stato così puntuale (come il legislatore nazionale) nel
definire la perimetrazione del territorio affidato alle sue
cure.
Alquanto
generica è, infatti, la formula secondo cui “la
circoscrizione territoriale dell’Autorità Portuale di
Messina è costituita dalle aree demaniali marittime, delle
opere portuali e degli antistanti spazi acquei, compresi nel
tratto di costa che va dalla foce del torrente Annunziata e
quelle prospicienti la Via Tommaso Cannizzaro”.
Proprio per
la indeterminatezza dei suddetti confini e per la prevalenza
della legge sull’atto amministrativo, quest’ultimo deve
essere interpretato nel senso della sua legittimità.
Ciò
significa che, nel caso di specie, si deve presumere - in
assenza di elementi certi dai quali possa essere desunta una
differente volontà - che l’attribuzione territoriale non
abbia inteso violare i confini del punto franco delimitati
per legge e che, dunque, la circoscrizione territoriale
dell’Autorità portuale debba essere intesa nel senso di non
voler varcare i confini delineati dalla legge n. 191 del
1951 e che non includa aree le quali, prima della
istituzione di detta Autorità, abbiano ricevuto differente
destinazione, o siano state sottoposte a differenti
competenze di amministrazione e gestione.
A tale
convincimento si è indotti dalla ulteriore considerazione
che, ogni qualvolta si è inteso estendere le attribuzioni
dell’Autorità portuale in parola, ciò è avvenuto con
apposito atto (così è avvenuto per l’attribuzione del tratto
di costa che va dalla radice del Molo Marullo del Porto di
Milazzo alla foce del torrente Muto, con decreto del
Ministro dei trasporti 21 dicembre 1999 e, a sud della città
di Messina, con l’attribuzione del Porto di Tremestieri,
delimitato dalle aree comprese tra il torrente Larderia
(limite nord) e la fiumara Guidara (limite sud), con decreto
del Ministero dei trasporti 23 ottobre 2006.
Giova, al
riguardo, tenere conto che il codice della navigazione non
solo non esclude, ma espressamente prevede, tuttora, la
possibilità di istituire, nei porti di maggiore importanza,
Enti portuali autonomi, dotati di personalità giuridica
(art. 19) e che il regolamento consente che parti del
demanio marittimo siano consegnate temporaneamente ad altri
usi pubblici nell’interesse di altre amministrazioni dello
Stato.
La norma
regolamentare citata deve essere intesa nel senso che la
“temporaneità”, della utilizzazione, consentita per
interessi pubblici di titolarità di differente
amministrazione pubblica, non implichi la necessità di un
termine di durata distinto dalla persistenza dell’interesse
per la cui realizzazione l’utilizzazione è stata accordata,
e che la scadenza sia connaturata al venir meno
dell’interesse alla utilizzazione.
La
specificazione contenuta al comma 3 dell’articolo da ultimo
citato induce a ritenere che la stessa Amministrazione alla
quale è stata consentita la temporanea utilizzazione possa
avvalersi di terzi per la realizzazione degli interessi di
pubblici contemplati al comma 1.
Nel caso in
esame, la norma deve essere coniugata con le attribuzioni
(in materia industriale oltre che demaniale) della Regione
siciliana (come anche definiti - nella materia industriale -
dalla citata decisione dell’Alta Corte di Giustizia della
Regione Siciliana) ed alla legge che ha trasferito alla
Regione le aree del demanio marittimo che non siano
riconducibili agli interessi statali indicati nell’art. 1
del D.P.R. 1 luglio 1977 n. 684 (ancorché non definite
ancora in appositi elenchi).
4.3.
L’insieme di quanto precede rende di nessun rilievo, nel
presente giudizio, la sovrapposizione, di fatto, dell’area
di competenza dell’Autorità portuale, o l’ingerenza di tale
organo nell’ammini-strazione e gestione delle aree del punto
franco, oltre i limiti dei poteri di polizia che, in ogni
caso le appartengono, in forza della disposizione di cui al
comma 3 del citato art. 36 del regolamento del codice della
navigazione.
Tuttora
fanno, infatti, capo all’Ente portuale compiti ed
attribuzioni derivanti dalla combinazione dell’art. 8 della
L. n. 191 del 1951 con il decreto regionale che lo ha
costituito.
L’atto
d’obbligo annesso alle autorizzazioni temporanee (per le
aree sulle quali è controversia) mai revocate in forza della
natura pubblica dell’Ente e dell’interesse cui si riconnette
l’uso accordato, rinviene la propria disciplina di base nel
citato art. 36 del regolamento del Codice della navigazione,
e non soggiace alle decadenze postulate dall’Autorità
portuale (e condivise nella sentenza appellata).
Piuttosto
non può non tenersi nella debita considerazione che con L.R.
6 giugno 1975, n. 45 sono state adottate puntuali
disposizioni per il completamento del bacino di carenaggio e
la realizzazione di una stazione di degassificazione per
navi petroliere, affidandosene la realizzazione all’Ente
Portuale di Messina, al quale è stato altresì imposto di
provvedervi sulla base della convenzione stipulata in data
16 maggio 1975 con la Società messinese esercizio bacini
s.p.a. (art. 2 della legge regionale citata).
L’utilizzazione delle aree da parte della società citata ha
ricevuto, pertanto, legittimazione nella stessa legge, sia
per quanto concerne l’esecuzione delle opere (dichiarate di
pubblica utilità, indifferibili ed urgenti) sia per
esercizio del bacino di carenaggio e della stazione di
degassificazione.
Successivamente, nel tempo, altri provvedimenti legislativi
sono intervenuti a finanziare l’attività del bacino di
carenaggio e della stazione di degassificazione (si veda, in
argomento la L.R. 27 maggio 1987 n. 27) con ciò
dimostrandosi la persistenza dell’interesse regionale alla
utilizzazione delle aree per le finalità specificate e,
parallelamente, dell’Ente Portuale.
La scadenza,
in corso di causa della concessione alla SMEB s.p.a non muta
i termini della questione anche alla luce delle successive
vicende nelle quali si inserisce il protocollo del 2004,
citato dalla difesa dell’Ente.
5. Alla luce
degli elementi sopra evidenziati, la censura di incompetenza
dell’Autorità portuale ad ordinare lo sgombero delle aree
deve essere accolta, unitamente all’evidenziato eccesso di
potere per erronea valutazione dei presupposti.
Non occorre
spendere ulteriori argomenti per negare che sussista
l’abusivismo sulla cui base sono state adottate le ordinanze
impugnate, né tale situazione è dato desumere dalla
controversia relativa al pagamento dei canoni, non portata
nel presente giudizio, ma sostanzialmente addotta
dall’Autorità portuale a giustificazione del proprio
operato.
Non risiede,
infatti, nei poteri dell’Autorità in parola di risolvere
d’imperio la relazione Stato/Regione, relativamente alla
utilizzazione, per le finalità industriali che con legge la
Regione Sicilia ha ritenuto di dover potenziare e finanziare
nelle aree alla cui utilizzazione l’Ente Porto è stato
regolarmente autorizzato con atto dell’Autorità al tempo
competente.
Nella
specifica controversia l’Autorità portuale non può neanche
avvalersi delle attribuzioni che le derivano quale longa
manus dell’Amministrazione regionale, in base al
disposto art. 4 del D.P.R. 1 luglio 1977 n. 684.
La sola
presenza in causa dell’Amministrazione regionale con il
patrocinio dell’Avvocatura dello Stato non giustifica la
presunzione che l’Autorità abbia agito di concerto con
l’amministrazione statale e con quella regionale, per
liquidare, con i citati atti impugnati, l’opera-tività di
impianti realizzati e funzionanti sulla base di atti e
provvedimenti regionali.
Sotto
differente profilo, ove dalla costituzione in giudizio, con
la comune difesa erariale, dovesse ritenersi che
l’Amministrazione statale e quella regionale abbiano inteso
avallare l’operato dell’Auto-rità portuale, gli atti
impugnati non potrebbero, in ogni caso, sottrarsi alla
denunciata violazione delle regole sul procedimento
amministrativo ed in particolare dell’art. 7, della l. n.
241 del 1990, non susssistendo la natura necessaria degli
atti impugnati, a fronte della disciplina degli istituti,
come sopra evidenziata.
Invero, le
vicende concernenti la relazione Ente Portuale - Autorità
dovrebbe trovare naturale sbocco in una conferenza alla
quale abbiano a partecipare l’Amministrazione statale e
quella regionale, sulla considerazione della molteplicità
degli interessi coinvolti.
A tutto
concedere tuttavia, non può essere negato all’Ente l’avviso
precoce di avvio di procedimenti volti a concludersi con
provvedimenti gravemente incidenti su attribuzioni
conferitigli per legge e provvedimenti tuttora validi, non
essendo stata fornita alcuna dimostrazione che la tempestiva
partecipazione non potesse differentemente indirizzare la
decisione dell’Autorità.
6. Sulla
base di quanto precede l’appello deve essere accolto e, per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere
accolto il ricorso di primo grado e devono essere annullati
gli atti impugnati dall’Ente Portuale di Messina.
In
considerazione della complessità della questione e della
natura pubblica dei soggetti coinvolti devono essere
interamente compensate fra le parti le spese del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio
di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede
giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie
l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della
sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado ed
annulla i provvedimenti impugnati;
Compensa
interamente fra le parti le spese del giudizio;
Ordina che
la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso
in Palermo, addì 26 novembre 2009 e 12 gennaio 2010, dal
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione
Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio
con l'intervento dei Signori: Raffaele Maria De Lipsis,
Presidente, Chiarenza Millemaggi Cogliani, Estensore, Paolo
D’Angelo, Filippo Salvia, Pietro Ciani, Componenti.
F.to:
Raffaele Maria De Lipsis, Presidente
F.to:
Chiarenza Millemaggi Cogliani, Estensore
F.to: Maria
Assunta Tistera, Segretario
Depositata
in segreteria il 25 gennaio 2010
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