Ente
Autonomo Portuale di Messina vs. Autorità
Portuale di Messina
IL CGA DA RAGIONE ALL’ENTE PORTO
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Il Consiglio
di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con
sentenza del 25 gennaio 2010, decidendo sul ricorso in
appello n. 598/2006, ha stabilito che, con l’istituzione
dell’Autorità Portuale nel porto di Messina, non sono venuti
meno i poteri dell’Ente Autonomo Portuale sull’area
costituente il “punto franco”.
I Giudici
hanno chiarito che i compiti attribuiti all’Autorità
Portuale dall’art. 6 della legge 84/94 ineriscono l’area
portuale affidata alle sue cure e non escludono né assorbono
attribuzioni e competenze delle Regione siciliana (né
dell’Ente preposto per legge ed in virtù di provvedimento
regionale all’amministrazione e gestione delle aree
costituenti il “punto franco” del porto di Messina).
Hanno poi
sottolineato l’estraneità alla controversie delle recenti
vicende dell’Ente portuale, così come delle annose polemiche
sulla sua utilità, ponendo invece in evidenza che allo
stato, sulla base degli atti, l’Ente Autonomo Portuale di
Messina risulta ancora esistente come soggetto
dotato di "personalità
giuridica pubblica"… "posto sotto la vigilanza della
Regione” costituito con
decreto del Presidente della
Regione 10 novembre 1953, n. 270/A per l’attuazione della
legge nazionale 191/51, che ha istituito un punto franco nel
Porto di Messina comprendente un’area che ha un
perimetro accuratamente delineato nei suoi confini.
Il Consiglio
di Giustizia Amministrativa ha infine concluso affermando
che non è nei poteri dell’Autorità Portuale risolvere
d’imperio la relazione Stato/Regione, relativamente alla
utilizzazione, per le finalità industriali che con legge la
Regione Sicilia ha ritenuto di dover potenziare e
finanziare, delle aree alla cui utilizzazione l’Ente Porto è
stato regolarmente autorizzato con atto dell’Autorità al
tempo competente, ritenendo, invece, che le vicende
concernenti la relazione Ente Portuale - Autorità debbano
trovare naturale sbocco in una conferenza alla quale abbiano
a partecipare l’Amministrazione statale e quella regionale,
sulla considerazione della molteplicità degli interessi
coinvolti.
CENNI
SULLA VICENDA
La
controversia, decisa nei termini prospettati, nasce dalla
richiesta di sgombero delle aree del demanio marittimo
destinate, rispettivamente, a stazione di degassifica ed a
bacino di carenaggio, ubicate nella zona falcata del porto
di Messina, aree che, secondo l’Autorità Portuale, erano
abusivamente occupate dall’Ente Portuale in assenza di
titolo, per di più utilizzate per attività industriali da
terzi cui l’Ente le avrebbe del tutto illegittimamente
concesse.
L’Ente
autonomo Portuale di Messina, titolare della gestione del
punto franco del Porto di Messina ed anzi a tale fine
appositamente istituito, aveva chiesto al T.A.R.
l’annullamento delle ordinanze (n. 3 e 4 del 20 gennaio
1999) con le quali l’Autorità portuale di Messina aveva
ingiunto lo sgombero, affermando invece che le aree in
questione, ancorché esterne (ma prospicienti) il punto
franco non sarebbero state né concesse illegittimamente a
terzi, né abusivamente occupate dal momento che, malgrado
non fosse mai intervenuta concessione, gli atti che ne
avevano autorizzato l’ occupazione non avevano perso
efficacia.
Il T.A.R.
Sicilia (sez. Catania, sentenza n. 169/2006), aveva respinto
il ricorso ritenendo abusiva l’occupazione da parte
dell’Ente autonomo portuale di Messina e competente
l’autorità portuale ad esercitare i poteri sul demanio
marittimo in forza dell’affidamento ad essa di aree e
banchine nonché della vigilanza sull’attività svolta
nell’area portuale.
L’Ente
Portuale di Messina, convinto dell’erroneità della sentenza,
affidando le proprie ragioni all’avv. Domenico Arizzi, ha
proposto ricorso in appello reiterando le censure (di
incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere) già
dedotte.
Nella
discussione dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa
l’avv. Arizzi, per l’Ente Portuale, ha chiarito
innanzitutto, la natura giuridica delle aree demaniali
costituenti la zona denominata “porto di Messina”,
precisandone la condizione, la titolarità, la distinzione in
termini di gestione, attribuzioni e competenza, a partire
dalla istituzione, con legge statale, nel 1951, del “punto
franco” e del suo affidamento ad apposito Ente, istituito
poi, dalla Regione siciliana, sulla base della legge n.
191/51, nella persona dell’appellante Ente Portuale, dotata
di personalità giuridica di diritto pubblico cui appunto,
era stata affidata l’amministrazione e la gestione del punto
franco, mai dismessa.
Quindi,
attraverso la minuziosa ricostruzione delle vicende relative
alla acquisizione di aree anche esterne alla c.d. zona
franca ed al legittimo espletamento tramite terzi di
attività di natura industriale, che avrebbe beneficiato di
finanziamento pubblico, l’avv. Arizzi ha ricostruito anche
potestà e limiti dell’Autorità portuale in relazione alle
aree del demanio marittimo, in tal modo contestando che
nell’ambito dei poteri conferiti a tale autorità
rientrassero anche le aree demaniali delle quali era stato
disposto lo sgombero e ponendo in discussione, punto per
punto, l’impianto motivazionale della sentenza impugnata.
Il Consiglio
di Giustizia Amministrativa, dopo aver espresso
apprezzamento per l’attenta e minuziosa ricostruzione fatta
dalla difesa dell’Ente, ha dichiarato di condividere appieno
l’addebito di erroneità mosso alla sentenza impugnata
ritenendo più che evidente, dalla lettura della motivazione
della sentenza gravata, che la decisione di reiezione
adottata dal T.A.R. era conseguenza del mancato
approfondimento, da parte del giudice di primo grado, della
vicenda, ammettendo tuttavia che si trattava di questione
tutt’altro che semplice e lineare che vedeva coinvolti
interessi pubblici di composita titolarità, complicata, allo
stato degli atti, dalla non ancora del tutto definita
questione delle attribuzioni della Regione Siciliana in tema
di demanio marittimo.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha
così annullato la sentenza del TAR Sicilia, riconoscendo che
il Giudice di primo grado aveva mosso dall’erroneo
presupposto che, con il passaggio di consegne all’Autorità
portuale delle aree di titolarità relative al Porto di
Messina, ogni autorità dell’Ente portuale, anche per ciò che
riguardava il punto franco, era venuta meno e che
all’Autorità portuale spettava, invece il complesso di
poteri inerenti alla gestione delle aree demaniali, ivi
compresi quelli relativi al punto franco.
La sentenza
ha toccato vari aspetti. Così ha sottolineato che la Regione
Sicilia ha competenza esclusiva nella materia industriale,
derivante dall’art. 14, lett. a), e), p), s), nonché
dall’art. 20 dello statuto della Regione siciliana, fatta
salva, nella materia strettamente doganale, la riserva di
competenza statale di cui all’art. 39 del medesimo statuto.
Quindi, ha ricordato che la legittima costituzione dell’Ente
Autonomo Portuale non è stata mai messa in discussione e si
inquadra nell’ambito delle attribuzioni della Regione
siciliana, dotata, sin dalla sua istituzione, di
specialissima autonomia tutelata da copertura
costituzionale. Si inquadra altresì nella mai disconosciuta
pertinenza al demanio regionale dell’area in questione,
sulla base dell’art. 32 dello statuto e del D.P.R. n.
684/1977 (indipendentemente dalla ancora non attuata
redazione dei relativi elenchi).
I Giudici
Amministrativi, poi, constatata l’indeterminatezza, per
l’assenza di un’esatta perimetrazione, del territorio che il
Decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione del
1994 ha affidato all’Autorità portuale di Messina (con
formula generica è detto “la circoscrizione territoriale
dell’Autorità Portuale di Messina è costituita dalle aree
demaniali marittime, delle opere portuali e degli antistanti
spazi acquei, compresi nel tratto di costa che va dalla foce
del torrente Annunziata e quelle prospicienti la Via Tommaso
Cannizzaro”) hanno messo in evidenza come, proprio per
l’indeterminatezza dei suddetti confini e per la
prevalenza della legge sull’atto amministrativo, nel
caso di specie, si deve presumere - in assenza di elementi
certi dai quali possa essere desunta una differente volontà
- che l’attribuzione territoriale non abbia inteso violare i
confini del punto franco delimitati per legge e che, dunque,
la circoscrizione territoriale dell’Autorità portuale debba
essere intesa nel senso di non voler varcare i confini
delineati dalla legge n. 191 del 1951 e che non includa aree
le quali, prima della istituzione di detta Autorità, abbiano
ricevuto differente destinazione, o siano state sottoposte a
differenti competenze di amministrazione e gestione.
Al riguardo
i giudici hanno pure ricordato che il codice della
navigazione prevede tuttora, la possibilità di istituire,
nei porti di maggiore importanza, Enti portuali autonomi,
dotati di personalità giuridica e che, in ogni caso, nel
caso in esame, la norma deve essere coniugata con le
attribuzioni (in materia industriale oltre che demaniale)
della Regione siciliana ed alla legge che le ha trasferito
le aree del demanio marittimo che non siano riconducibili
agli interessi statali indicati nell’art. 1 del D.P.R. 1
luglio 1977 n. 684 (ancorché non definite ancora in appositi
elenchi).
I Giudici
amministrativi hanno quindi affermato che tuttora fanno capo
all’Ente Portuale compiti ed attribuzioni derivanti dalla
combinazione dell’art. 8 della legge 191/51 con il decreto
regionale che lo ha costituito e che l’occupazione delle
aree indicate nelle ingiunzioni di sgombero, rinviene la
propria disciplina di base nel citato art. 36 del
regolamento del Codice della navigazione, e non soggiace
alle decadenze postulate dall’Autorità portuale visto
peraltro che la realizzazione del bacino di carenaggio e
della stazione di degassificazione per navi petroliere
risultano previste nella L. R. n. 45/1975 (e successivamente
nella L.R. n. 27/1987), con realizzazione affidata all’Ente
Portuale di Messina, al quale è stato altresì imposto di
provvedervi sulla base della convenzione stipulata con la
SMEB s.p.a., con ciò dimostrandosi la persistenza
dell’interesse regionale alla utilizzazione delle aree per
le finalità specificate e, parallelamente, dell’Ente
Portuale.
Quanto poi
all’utilizzazione delle aree da parte della SMEB i Giudici
Amministrativi hanno sottolineato come essa abbia ricevuto
legittimazione nella stessa legge, sia per quanto concerne
l’esecuzione delle opere (dichiarate di pubblica utilità,
indifferibili ed urgenti) sia per esercizio del bacino di
carenaggio che della stazione di degassificazione.
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