Riprendiamo
la lingua italiana scrivendo come si deve
di LORENZO FERRIGNO - 16 settembre 2009
Ricordo ancora il mio scontro, si fa per dire, con uno dei
più illustri latinisti - e quindi italianista - che l'Italia
abbia mai avuto: Antonio Mazzarino, docente dell'Università
di Messina, a lungo anche preside della Facoltà di
Magistero. In quell'occasione Mazzarino mi diede una lezione
che ricorderò sempre. Alla fine del nostro incontro io
conclusi con un "Ok, prof."... Lo vidi farsi paonazzo e
esclamò: "Perchè l'italiano "Va bene, professore, non le
piace?"... Accusai il colpo e quel rimprovero, da parte di
un uomo di cultura che apprezzavo e stimavo, fu per me
oggetto di lunga riflessione.
Aveva ragione, perbacco..., Mazzarino!... Perchè quel suo
rimbrotto stava a significare l'ennesimo schiaffo alla
lingua italiana che oggi, in maniera anche esasperata,
stiamo abbandonando per esclamazioni spesso insignificanti,
grossolanamente sbagliate e che - questo è il rischio più
grande - sono entrate nel gergo comune agli ambienti
giovanili.
Al "casino" per significare confusione si accompagna
"ragazza giovane" (ma se è una ragazza per forza è giovane!
Esistono forse ragazze "vecchie"?) o peggio ancora "grosso"
evento sta per importante e, ancora più eclatante è il
"tavolo" che si apre per significare un momento di
confronto. C'è poi, e questo allarma e sconcerta ancor più,
la pessima, inopportuna, cafonesca e irritante abitudine di
scrivere con abbreviazioni che, nate per esigenze di spazio
negli SMS, si ripetono normalmente e quindi leggiamo "ke"
invece di che, "dmn" invece di domani e "x" invece di per o,
peggio ancora, "cmq" per dire comunque. Per non parlare
della straripante, ossessiva, moda di simboli e
punteggiature per significare anche espressioni articolate.
Come "TVUKDB" che sta per "Ti voglio un casino (!!??) di
bene".
Mi chiederei a questo punto dove andremo a finire, se non
avessi la certezza che il peggio è arrivato. A scuola molti
professori, ahimè, usano adottare lo stesso linguaggio dei
ragazzi e così improntano il loro rappoorto di
docenti-discenti.
Non so dove andremo a finire. Non riesco ad immaginare un
paese che mortifica la propria lingua e la propria cultura
per far posto a mode disinvolte e consumiste. |