Pietro Villari
FIUMEDISI.
Sembra definitivamente conclusa l'esperienza del
Fiumedinisi Project, la campagna di scavi archeologici sul
monte Belvedere alla ricerca di testimonianze storiche che
vanno dall'età del bronzo fino al periodo medievale.
Una
campagna di scavi finanziata dall'americana Università
della South Florida e diretta dall'archeologo Pietro Villari,
collaborato da ricercatori di tutto il mondo. Mesi di scavi
e le prime importanti scoperte, poi tutto si è fermato:
mancanza d'interesse da parte delle istituzioni italiane e
degli enti locali della zona; continui ostacoli
burocratici, segno di «insofferenza» verso l'iniziativa.
Poco
tempo fa la Soprintendenza di Messina ha prelevato tutti i
reperti collocati provvisoriamente in una stanza blindata
della galleria comunale di Nizza: monete, manufaffi,
ceramiche e altro. In questi giorni, Pietro Villari si è
rivolto al presidente della Regione, Raffaele Lombardo, per
«gettare la spugna». Nella sua lettera aperta ha ripercorso
il Fiumedinisi Project, denunciando le difficoltà a cui è
andato incontro per il suo atteggiamento «anomalo» e
autonomo dal «sistema», come lui stesso afferma. Con la
fine degli scavi sfuma la possibilità di riportare alla luce
un «tesoro» nascosto da secoli e con esso la possibilità di
aiutare l'asfittica economia zonale. Nessuno adesso si vuole
assumere la responsabilità di questo ennesimo tradimento
degli interessi delle comunità locali.
FRANCO PARISI fonte: La Sicilia
Pubblichiamo la lettera del Dott. Villari indirizzata al
Presidente della Regione Raffaele Lombardo (prelevata dal
sito internet di Sonia Alfano)
Gentile Presidente Lombardo,
ho
letto piu’volte la sua lettera, indirizzata ai Siciliani
residenti all’Estero, cercando un appiglio per non cedere
alla tentazione di scriverle la risposta che adesso mi sento
in dovere di darle, forse non solo a mio nome. Ogni mia
reticenza e’ miseramente crollata di fronte alla sua frase,
dalla forte impronta berlusconiana “nel futuro che stiamo
costruendo in Sicilia vogliamo tener presente anche tutti
voi…”.
Ebbene, oltre a toccare ferro, non riesco a comprendere il
motivo che l’abbia spinta a inviare a gente come noi la sua
tiritera in stile populista, degno della peggiore tradizione
argentina, alla Menem, con la quale lei e’ riuscito a
rovinarmi le festivita’ natalizie persino nella mia casetta
sperduta tra le piatte e gelide lande di una terra
straniera.
Chi
le scrive e’ un bioarcheologo siciliano costretto alla
dispora circa ventanni orsono per avere osato contrastare
l’attivita’ di un gruppo di colletti bianchi appartenente a
un “sistema” ancora oggi saldamente al potere ed a lei ben
noto.
Anziche’ alla mia Sicilia, sono stato costretto a
consacrare la mia professionalita’, iniziata con molti
sacrifici presso quella che fu la gloriosa Scuola Speciale
dell’Universita’ di Pisa, come un mercenario al servizio
delle nazioni di ben cinque continenti, in siti archeologici
che altri considererebbero da favola quali l’Isola di Pasqua
e il Peru, il Deserto Giordano e le Isole Canarie. Tra
l’altro, ho anche condotto una lunga immersione nel traffico
internazionale di reperti archeologici e dei falsi che
finivano anche per finanziare attivita’ terroristiche,
rischiando la pelle per anni operando quale insider di un
servizio segreto europeo.
Una
vita avventurosa e un pane quotidianamente amaro che avrei
preferito evitare, restando nella mia terra che amo e in
difesa della quale quale non esitai a sacrificare quello che
prometteva di essere un brillante futuro a livello locale e
perdere persino i miei affetti familiari.
Malgrado il profondo dolore per un esilio ingiusto, al quale
non mi sono mai rassegnato, le dico che oggi rifarei
esattamente le stesse scelte: contro l’orrore della
disuguaglianza sociale, la corruzione capillare, contro il
“sistema” criminale di una nomenklatura che devasta e umilia
la terra dei miei avi.
Con
il suo demagogico incitamento a guardare con fiducia al
futuro che state costruendo, lei mi ha proprio tirato per la
giacchetta costringendomi a risponderle con questa lettera,
sopratutto per disilludere quei pochi che forse le hanno
creduto, dell’immensa truppa di noi emigranti.
A
fronte delle sue promesse le testimoniero’ il triste esempio
di quanto sta accadendo nella Valle del Nisi, in Sicilia, ad
un progetto internazionale diretto dalla Universita’ della
South Florida. Un progetto a costo zero per la Regione
Sicilia che avrebbe rimodellato l’economia della fascia
ionica Messinese.
Lei
conosce la vicenda, e nulla ha fatto per giungere in
soccorso, ma desidero raccontarla quale esempio ai miei
corregionali in terra straniera ed a quelli che si preparano
a raggiungerci: come un gruppo di ricercatori internazionali
e finanziatori americani sono stati costretti alla fuga
dalla Sicilia che lei sta costruendo, quasi fosse il Bronx.
Fu
alcuni anni orsono che finimmo nella vostra trappola per
gonzi stranieri, prestando credito alla campagna
pubblicitaria di una rinascita siciliana, della vincente
lotta alla criminalita’ e altre simili fandonie, in realta’
inattuabili dalla classe politica, burocratica e
imprenditoriale che tiene l’Isola sotto il piu’ ferreo
controllo.
Ma
forse mi confondo, e per Rinascita lei intende un antico e
tristemente noto programma, un po’ riveduto e corretto, in
ormai avanzata e disinvolta fase di attuazione sotto i
vigili sguardi lo(g)gistici di pupari innominabili.
Nell’estate del 2006 mi recai in provincia di Messina con la
famiglia, per trascorrere qualche giorno di vacanza.
Casualmente, durante una gita presi visione del rarissimo
esempio di totale scempio operato dal restauro del Castello
di Fiumedinisi, direi un esempio unico al mondo che genera
nel visitatore ora risate a cuore aperto, ora il mugugno di
chi le tasse le paga e se le ritrova tutte spese a quel
modo, con l’estemporanea sofisticazione di muri medievali,
di finestre trapezoidali in stile Incaico, tutto ricoperto
da una colata di uno scarso impasto a base di cemento’. Sono
certo che persino quel pastore che vi porta quotidianamnte
il suo gregge a defecare, avrebbe fatto molto meglio
(daltronde e’ un terreno demaniale, che in Sicilia vuol dire
di nessuno).
Si
possono anche osservare gli effetti di un disatroso
intervento di scavo archeologico effettuato dalla
soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina, ovvero da alcuni
operai edili sporadicamente controllati.
Chiesi un appuntamento al soprintendente, che si fece
trovare circondato da alcune giovani dipendenti della
sezione archeologica, e le risposte avute circa il motivo di
quella devastazione costata ai contribuenti europei milioni
di euro, mi convinsero a cercare una via per contrastare
quello che presagiva il verificarsi di una serie di disastri
ancora peggiori.
Era
la terra dei miei avi e decisi di attivarmi immediatamente
chiedendo assistenza ad una decina di colleghi appartenenti
ad altrettanti istituzioni europee e nordamericane.
Il
Fiumedinisi Project nacque cosi’, dalla spontanea reazione
di un gruppo di liberi ricercatori al massimo livello
scientifico. Ci riunimmo piu’volte in varie sedi europee,
sino a presentare il progetto e il gruppo di ricerca alla
prestigiosa assemblea annuale dell’ European Association of
Archaeologists che ci dedico’ una tavola rotonda.
Grazie anche ai finanziamenti privati statunitensi riuscimmo
a mettere assieme fondi per un milione di dollari, e dopo
una serie di ritardi dovuti a intralci posti da una parte a
noi ostile del potente apparato burocratico siciliano,
nell’Aprile 2008 ottenemmo una concessione di scavo della
durata triennale, intestata al Dipartimento di Antropologia
dell’Universita’ della South Florida. Questa pose il
progetto sotto la responsabilita’ del prof. Robert Tykot,
affidando allo scrivente la direzione generale delle
attivita’ di scavo.
Organizzammo cosi’ una campagna di ricerche per il periodo
di Maggio-Giugno 2008 alla quale parteciparono decine di
ricercatori e studenti provenienti da ben nove universita’
nordamericane ed europee. Si trattava della piu’ imponente
missione archeologica in terra di Sicilia, ove avrebbero
dovuto essere per la prima volta impiegati strumenti e
tecniche delle moderne scienze bioarcheologiche ed in
generale archeometriche. Il futuro arrivava in Sicilia: le
nostre ricerche in ambito paleoecologico e paleoeconomico
sarebbero state il fondamento della realizzazione di un
parco bioarcheologico, finalizzato alla ricostruzione degli
ambienti forestali e boschivi dalla tarda preistoria al
medioevo e quindi ad un uso economico del territorio.
I
finanziatori americani erano molto entusiasti e si erano
offerti di acquistare l’intera area e iniziare uno
sfruttamento del territorio con l’impianto di attivita’ di
ecoturismo a livello internazionale. Eravamo tutti al
massimo dell’entusiasmo e i piu’ celebri colleghi europei e
americani preannunciavano la loro partecipazione o visita
alla successiva campagna di nostri scavi.
L’intero comprensorio nordorientale siciliano avrebbe
ricevuto una fortissima spinta innovatrice dalla permanenza
di quegli imprenditori americani, generando anche la
formazione di nuove figure professionali, un importante
indotto economico sull’esempio dei grandi parchi
statunitensi e canadesi.
Fui
piu’ volte contattato, tra gli altri, da un noto personaggio
legato alla finanza svizzera, interessato ad investire nella
realizzazione di un parco attrezzato per un turismo
culturale ad alto livello nel pieno rispetto dell’ambiente.
Oltre alla protezione del sito archeologico e al suo studio,
la nostra preoccupazione era di creare un parco che avrebbe
salvato l’area dalla cementificazione e dalle selvagge
devastazioni a seguito di opere pubbliche e private, alle
quali iniziavamo ad assistere impotenti nella valle di
Fiumedinisi, i cui primi scandalosi effetti sono oggi
visibili.
La
burocrazia trovo’ il modo di bloccare ogni nostra attivita’
di scavo, ed a fronte delle ingenti spese sostenute, la
missione fu uno dei piu’ eclatanti fallimenti della storia
dell’archeologia moderna. La vicenda mise in grave imbarazzo
il Dipartimento di Antropologia nei confronti delle
richieste di spiegazioni del senato accademico
dell’Universita’ della South Florida, il quale si era reso
garante della educazione in fase di scavo degli studenti
provenienti da numerose universita’ statunitensi e canadesi.
Il
soprintendente giunse a inviare una lettera riservata
all’Assessorato Regionale BB.CC.AA. ove si richiedeva la
revoca della concessione. Apprendemmo di questa assurdita’
solo parecchi mesi dopo e a tuttoggi non ne conosciamo la
motivazione.
Il
servizio archeologico della soprintendenza ci intimo’ di non
effettuare scavi all’interno del Castello, ove mesi
appresso, a Settembre, nel corso di un blitz da me condotto
grazie all’opera di volontariato di una squadra composta da
colleghi siciliani, mettemmo in luce quello che qualcuno
voleva tenere nascosto: il sotterraneo era stato colmato con
lo scarico dei materiali di risulta del cantiere di scavo e
di restauro eseguiti dalla soprintendenza e dal comune di
Fiumedinisi con fondi comunitari e del cosidetto “otto per
mille”. Nonostante inviai, tempestivamente, per iscritto una
segnalazione a diverse autorita’ per quanto di loro
competenza, nessuno venne a effettuare rilevamenti sulla
tossicita’ dei rifiuti, le cui inquietanti esalazioni mi
indussero a sospendere ogni attivita’ nell’area al fine di
tutelare la salute del gruppo di ricerca.
Potrei elencare una lunga serie di assurdi problemi creati
dall’apparato burocratico dell’amministrazione regionale
centrale e periferica, oltre al comportamento ostile delle
locali amministrazioni comunali che di fatto snobbarono la
nostra presenza nel territorio, e che hanno avuto come
effetto la distruzione del Fiumedinisi Project. Ma quello
che credo qui interessi maggiormente sia comprendere le
cause, l’ambiente in cui e’ stato deciso il fallimento della
nostra opera filantropica.
A
parte gli attriti con i dipendenti del locale servizio
archeologico della soprintendenza messinese, e il confuso
alternante comportamento tenuto dai proprietari dei fondi
ove avremmo dovuto svolgere gli scavi, ritengo che i guai
siano stati generati dalla nostra totale indipendenza dal
sistema siciliano degli appalti pubblici, del clientelismo
politico.
Inoltre, noi eravamo decisi ad assumere colleghi e
manovalanza senza sottostare a censure o imposizioni di
nominativi.
Avremmo dovuto comprendere sin dall’inizio che la nostra
metodologia di ricerca a costo zero per l’Amministrazione
Regionale, ove le imprese edili sono sostituite da
organizzazioni internazionali di professionisti e di
studenti, sarebbe stata identificata quale un tentativo di
irrimediabile compromissione, di stravolgimento, del
“sistema” degli appalti in ambito archeologico.
Bisogna qui evidenziare che le Soprintendenze hanno la
possibilita’ di dare l’appalto pubblico alle ditte di loro
“fiducia”, un libero arbitrio per l’incarico diretto che e’
costantemente attenzionato dalla classe politica e
imprenditoriale, dalle quali a loro volta i funzionari
possono richiedere in cambio la protezione necessaria alla
propria carriera e a quella di persone a loro vicine. Questo
tipo di associazioni criminali costituiscono lo zoccolo duro
del “Sistema Messinese”, sviluppato e consolidato
nell’ambito dell’intreccio dei rapporti criminosi tra
elementi delle Istituzioni statali e regionali, personalita’
politiche e imprenditoriali isolane e nazionali.
Alcuni anni orsono, un reparto di polizia giudiziaria invio’
una informativa al Tribunale di Messina, nella quale veniva
circostanziata l’esistenza nella Soprintendenza ai BB.CC.AA.
di Messina di una associazione a delinquere finalizzata alla
corruzione, truffa aggravata, concessione di subappalti
illeciti, truffa contributiva, omissione di atti d’ufficio,
abuso d’ufficio a fini patrimoniali, falsi ideologici e
materiali della quale farebbero parte, oltre al
soprintendente, a funzionari di vario grado tra cui alcuni
noti archeologi, ma anche uomini politici e imprenditori
siciliani.
L’indagine risulta incompleta a causa della mancata
quantificazione del danno subito dal patrimonio di molti
importanti siti archeologici del Messinese, tecnicamente
definibile quale un irreparabile disastro, che i finanzieri
evidenziarono ma si astennero dal valutare in quanto
limitati dalle funzioni di loro competenza.
Sono
costretto da astenermi da ulteriori commenti, nell’attesa
dell’esito delle indagini, svolte anche da organismi
comunitari di controllo, che si protraggono da ormai ben
cinque anni.
Non
posso pero’ esimermi dal constatare che nessuno dei
funzionari dei quali era stato richiesto l’arresto sia stato
almeno temporaneamente rimosso dall’incarico. Il
soprintendente (il quale risulta, caro Presidente, suo
carissimo amico sin dai tempi dell’adolescenza) non solo e’
tornato al proprio posto dopo tre tentativi di
defenestrazione, ma ha anche assunto un incarico di
insegnamento all’Universita’ di Catania, e gli archeologi
sono stati tutti promossi a incarichi superiori (due sono
stati persino nominati soprintendenti presso importanti sedi
dell’Italia Settentrionale grazie ad un accordo tra la
Regione Siciliana e il Ministero per i BB.CC.AA!…).
E’
questo l’ambiente burocratico che, rassicurato della propria
impunita’ per la sua piena appartenenza al “sistema”, ha
causato non solo il fallimento della nostra missione
scientifica, ma sopratutto un gravissimo danno economico
alla comunita’ del territorio nordorientale siciliano che
continua a controllare. Un ingente danno a quella terra che
lei, Presidente, assieme alla sua giunta regionale, ai suoi
compagni di avventura politica, osate ricordare a parole di
appartenere anche a noi emigranti ma che con i fatti avete
reso cosa vostra.
Giorno 30 dicembre una delle amministrazioni comunali della
Valle del Nisi decidera’ circa la convenzione da firmare con
una nota societa’, al fine di costruire un megaimpianto per
la produzione di energia eolica. Un impatto ambientale e
paesaggistico devastante, a ridosso dell’area archeologica,
sulla terra che fu sede della riserva reale di caccia degli
imperatori svevi e che il Fiumedinisi Project avrebbe voluto
ricostruire con i dati delle nostre ricerche
bioarcheologiche. Nel nome di quella carita’ cristiana di
cui la sua lettera e’ intrisa, intervenga almeno a
preservare quella terra, anche se appartenente ad un
personaggio politico della zona.
Nel
ricambiare gli auguri di buon anno, le invio distinti
saluti.
Pietro Villari
direttore degli Scavi dell’Universita’ della South Florida a
Fiumedinisi
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