La dittatura comunista sta uccidendo il popolo
birmano
di DOMENICO BONVEGNA
- 06 ottobre 2007
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Leggendo i giornali e seguendo i tg apprendo che la rivolta
popolare guidata dai monaci buddisti in Birmania, lontano Paese
dell’Asia, è repressa da una dittatura di generali.
Eccetto Introvigne, e qualche altro valente giornalista, nessuno
dice la verità sulla matrice ideologica della dittatura in
Birmana, come se i generali al potere nel Paese asiatico fossero
i nipotini di Pinochet. Un giornale radio ha perfino parlato di
“dittatura fascista”. Niente di più falso in Birmania governa un
regime tipicamente comunista, guidato dal lontano 1962 da un
gruppo di militari marxisti, che ha promosso una disastrosa “via
birmana al socialismo”, imponendo un’economia rigorosamente
collettivista che riduce il Paese alla fame.
Nel 1990 la Lega per la democrazia (NLD) di Aung San Suu Ky,
vince le elezioni, i generali arrestano i dirigenti del partito
democratico e ritornano a un sistema che assomiglia come un
fratello gemello al vecchio regime comunista, salvo che non si
parla più di comunismo. Ma non è questione di nomi.
“Tutti gli uomini forti dell’attuale governo vengono dal vecchio
Partito del Programma Socialista (cioè dal Partito comunista
birmano) di cui l’attuale presidente, il generale Than Shwe, è
stato il braccio armato nella repressione del 1988”, e i morti
che sono rimasti sulle strade di Rangoon, naturalmente molto di
più delle 9 vittime dei dati ufficiali del regime, “non sono
vittime di una generica dittatura, ma di un regime
post-comunista che è ‘post’ solo in quanto almeno si vergogna
d’invocare il nome del comunismo, pur mantenendo la sostanza. In
Italia non ci si vergogna neppure del nome”. (Massimo Introvigne,
Chiamiamolo comunismo, 29.9.07 Il Giornale). Del resto, tre sono
rimasti i Paesi nel mondo dove i partiti che si definiscono
orgogliosamente comunisti tengono in piedi i governi: Cuba, la
Corea del Nord e l’Italia, si avete letto bene.
Il regime birmano è fornito di armi dalla Cina che a sua volta
viene rifornito dal gas naturale dei birmani, il Paese sta
affondando nella miseria, perché i militari non hanno nessun
interesse di patria. Saccheggiano e rubano, spendendo tutto per
comprare armi. “C’è un unico modo per aiutare quel povero Paese
ridotto allo stremo economico, per onorare il sacrificio di Aung
San Suu Kyi, leader prigioniera dell’opposizione: non andare
alle Olimpiadi di Pechino nel 2008”. (Maria Giovanna Maglie, La
(poco) santa alleanza che uccide la Birmania, 30.9.07 Il
Giornale).
Gli atleti partecipanti alle Olimpiadi potrebbero non essere
d’accordo al boicottaggio ma sarebbe un gesto doveroso per chi
crede nei valori della democrazia. E se eventualmente vogliamo
fare qualche manifestazione di solidarietà con il popolo
birmano, la maglietta o la fascia da indossare non è quella
rossa, ma il giallo ocra, l’arancione, quello che volete, ma non
il rosso, che è il colore del regime militare che opprime la
Birmania dal 1962.
S. Teresa di Riva, 4 ottobre 2007
Festa di S. Francesco
DOMENICO BONVEGNA
domenicobonvegna@alice.it |
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